martedì 29 dicembre 2009

Puglia e nucleare: 'sto matrimonio non s'ha da fare



Di questa opinione era senza dubbio il Consiglio Regionale pugliese, che con la Legge Regionale 4 Dicembre 2009 n°30 ha detto NO all'installazione di impianti nucleari su tutto il territorio.
Cito di seguito la legge

LEGGE REGIONALE 4 dicembre 2009, n. 30
“Disposizioni in materia di energia nucleare”.
IL CONSIGLIO REGIONALE
HA APPROVATO
IL PRESIDENTE
DELLA GIUNTA REGIONALE
PROMULGA

lunedì 28 dicembre 2009

Alwitra e Solyndra: connubio perfetto

Fra i partner di eccellenza che SolartecMed può vantare, Alwitra è senza dubbio fra i più interessanti, soprattutto in termini di innovazione tecnologica. Il loro prodotto EVALON SOLAR ne è senz'altro la prova più evidente. A proposito di innovazione tecnologica però esiste un altro nome che può dire la sua: Solyndra. Il prodotto Solyndra porta con sé una piccola grande rivoluzione nel campo fotovoltaico non solo in termini di efficienza produttiva ma soprattutto in termini di semplicità di assemblaggio, leggerezza e robustezza dei materiali.

In data 1 Dicembre 2009 Alwitra e Soyndra firmano un accordo quadro che ne sancisce la complementarietà non solo negli intenti ma soprattutto nello sviluppo tecnologico dei loro prodotti. Basando il loro principio di funzionamento sul fattore albedo, il fotovoltaico tubolare Solyndra si sposa perfettamente con le eccezionali proprietà riflettenti della membrana di copertura Alwitra, che ne aumenta la produzione fino al 20% in più!
In virtù di questo accordo SolartecMed accresce il proprio ventaglio di offerta avvalendosi di partner e di prodotti, in primo luogo di qualità, e dall'avanzatissimo grado tecnologico.


mercoledì 23 dicembre 2009

Buon Natale e un felice 2010

SolartecMed Network Fotovoltaico augura a tutti voi un felice Natale e un 2010 di pace e serenità.

giovedì 17 dicembre 2009

Alemanno presenta il progetto Rifkin

Il Sindaco di Roma Alemanno ha presentato ai Sindaci riuniti a Copenaghen il Piano Energetico Ambientale progettato insieme a J. Rifkin. Ai Sindaci di Los Angeles, Taipei, Londra ha detto che gli investimenti a favore della sostenibilità avranno un ritorno economico.

Fonte della notizia: Gianni Alemanno

SolartecMed su Twitter...seguici!

Da ora puoi seguire il cinguettio di SolartecMed anche su Twitter..resta in ascolto!

venerdì 11 dicembre 2009

Jeremy Rifkin al Workshop di Roma

In occasione del Workshop di Roma tenutosi questa settimana oltre al Sindaco Alemanno e a J. Rifkin sono intervenuti Axel Friedrich Responsabile Commerciale Europa di Alwitra e Peter Marchl tecnico SolartecMed.
Tema dell'incontro è stato l'integrato distribuito perfettamente in accordo con i principi della Terza Rivoluzione Industriale di Rifkin e tanto cara al Network SolartecMed.


A breve pubblicherò nuove foto.

lunedì 30 novembre 2009

Il summit di Copenaghen

L'appuntamento di Copenaghen fornisce di certo spunti interessanti sugli scenari economici e climatici futuri. Questo perché stiamo imparando a nostre spese che l'economia e il clima sono strettamente legati.
Di seguito desidero proporre il punto di Sergio Castellari del Focal Point nazionale dell'IPCC.


Mentre arrivano gli impegni, annunciati ieri e oggi, da Cina e Stati Uniti, sale l'attesa per il vertice sul clima. Cosa dobbiamo aspettarci concretamente? Ne parliamo con uno degli esperti italiani più addentro ai negoziati: Sergio Castellari del Focal Point nazionale del'IPCC.

Mancano 10 giorni a Copenhagen e nelle ultime 48 ore sono arrivate buone notizie: anche Obama, seppure solo per un giorno, sarà nella capitale danese, e arriverà con degli impegni di riduzione delle emissioni da parte degli Usa (Qualenergia.it “La proposta provvisoria di Obama" ). Proposte che ieri ha finalmente quantificato: un taglio del 17% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2020 (cioè -3% rispetto al 1990) cui seguirebbero obiettivi più ambiziosi a medio e lungo termine: -30% al 2025, -42% al 2030, fino ad arrivare ad una riduzione dell’83% (sempre rispetto ai livelli del 2005) entro il 2050. Oggi, quasi di rimbalzo, anche la Cina ha scoperto le sue carte: a Copenhagen andrà il premier Wen Jibao e sul tavolo metterà l’impegno vincolante del gigante asiatico di ridurre la propria intensità energetica (non le emissioni in senso assoluto. ma l'ammontare di CO2 per unità di prodotto interno lordo) del 40-45% entro il 2020 rispetto ai livelli del 2005. Anche se le aspettative più alte per il vertice sono già state accantonate, l’incontro si conferma di portata storica. Ma cosa dobbiamo aspettarci in pratica dalla "Conferenza delle parti numero 15" (COP 15)? Ne abbiamo parlato con Sergio Castellari, climatologo e Focal Point Nazionale dell’IPCC, una degli esperti in Italia più addentro ai negoziati internazionali in corso sul clima.

Professor Castellari, cosa dobbiamo aspettarci da Copenhagen?
Da come si sta evolvendo la situazione ci potrebbe essere probabilmente una dichiarazione di impegno politico, un accordo di massima sui punti generali, ma non si raggiungerà la fase attuativa di questo accordo. Il consenso su possibili impegni giuridicamente vincolanti di riduzione delle emissioni probabilmente si avranno solo nel corso del 2010. Quello che si può sperare per l’incontro di dicembre è che vengano adottate una serie di “COP (Conference of the Parties) decisions” che contengano chiaramente i dettagli tecnici di un possibile accordo attuativo.

Quali sono i punti critici dei negoziati?
A Barcellona (l’ultima sessione di negoziati prima del vertice, ndr) si è progredito, ma il testo negoziale in discussione in uno dei due tavoli, quello riguardante le possibili azioni da intraprendere da parte dei Paesi membri UNFCCC nel prossimo futuro, è ancora molto lungo. Si sono ridotte le divergenze sull’adattamento, sulla cooperazione tecnologica, sulla riduzione delle emissioni da deforestazione e cambio d’uso del suolo dei paesi in via di sviluppo, come pure sui meccanismi di finanziamento. Ma non si è arrivati ad un accordo neanche di massima sull’entità di questo finanziamento né su quanto i paesi sviluppati debbano ridurre le emissioni, questioni che saranno rimandate a Copenhagen e forse al prossimo anno. Un passo molto importante che potrebbe essere fatto già nella capitale danese è invece quello di stabilire l’entità dei finanziamenti più urgenti per i paesi poveri più a rischio, come le piccole isole e i paesi africani, il cosiddetto “fast start finance”, soldi che queste nazioni chiedono fino al 2012 al fine di attuare le più importanti misure di adattamento.

E gli impegni annunciati di riduzione annunciati finora dai paesi ricchi, sono adeguati?
L’obiettivo europeo è abbastanza in linea con quanto chiede il quarto rapporto IPCC per stare sotto i 2°C: cioè che, nell’ambito di un accordo globale attuativo, i paesi sviluppati taglino le proprie emissioni del 30% rispetto al 1990 entro il 2020 e del 50% al 2050, e quelli in via di sviluppo riducano le emissioni del 15-30% rispetto allo scenario business as usual. La frizione con i paesi emergenti è dovuta al fatto che questi chiedono oltre al sostegno economico per ridurre le emissioni obiettivi molto più ambizionsi per i paesi sviluppati: meno 40-45% al 2020 e meno 80-90% al 2050 rispetto al 1990.

Quanto agli altri due attori fondamentali per il post Kyoto, cioè Usa e Cina, come si stanno ponendo nell’ambito dei negoziati?
Quella degli Stati Uniti di Obama è sicuramente tutta un’altra posizione rispetto a quella della precedente amministrazione, il che fa essere ottimisti. La nuova presidenza ha sempre manifestato un grande interesse a che si arrivi all’accordo, ma probabilmente non un accordo attuativo a Copenhagen. Anche in Cina si è evidentemente mosso qualcosa: la comunità scientifica cinese ha mostrato chiaramente gli impatti del cambiamento climatico che sono già in atto nel paese e questo ha fatto assumere un ruolo più attivo a Pechino nella lotta contro il riscaldamento globale. Anche se molti sono delusi dal fatto che non si raggiungerà probabilmente un accordo attuativo già a dicembre la situazione non è così negativa: già il fatto che giganti come Cina, India e Stati Uniti abbiano cambiato posizione - oltre a stare investendo molto nella green economy - fa vedere la bottiglia mezza piena.

Nel farattempo però la scienza ci dice che il tempo stringe. Cosa hanno aggiunto al dibattito le ultime evidenze scientifiche?
La discussione e negoziazione di questi ultimi due anni nell’ambito della Convenzione Quadro dell’ONU per i Cambiamenti Climatici (UNFCCC) ha fatto ampio uso dell’informazione scientifica fornita dal quarto rapporto di valutazione dello stato dei cambiamenti climatici dell’IPCC, il Fourth Assessment Report (AR4) pubblicato nel 2007. L’IPCC pubblicherà nei prossimi anni altri rapporti, ma il quinto rapporto di valutazione sarà disponibile solo nel 2013 e 2014. Nel frattempo sono comunque stati pubblicati nuovi articoli scientifici, non ancora valutati ufficialmente dall’IPCC. Quello di positivo che emerge è la riduzione delle emissioni di gas serra dovute al settore energetico a causa della crisi mondiale della finanza e dell’economia: nel 2009 ci sarà probabilmente il primo calo dal 1981. Però dopo che la crisi sarà superata e se non si interverrà con nuove politiche energetiche le emissioni antropogeniche di gas serra riprenderanno a crescere.

Quali scenari si intravedono?
Il calo degli ultimi anni pone un’occasione ideale affinché i paesi sviluppati trasformino il loro settore energetico. L’ultimo rapporto World Energy Outlook 2009 dell’Iea (International Energy Agency) mostra due scenari energetici globali. Uno “scenario di riferimento” che rappresenta un business as usual in cui la domanda di energia potrà crescere del 40% da qui al 2030, soprattutto ad opera dei paesi in via di sviluppo: quasi ¾ della crescita delle emissioni verrà da paesi come Cina, India e quelli del medio oriente. Stando a questo scenario si potrebbe raggiungere la concentrazione atmosferica di 1000 parti per milione di CO2 equivalente: una prospettiva decisamente “pesante” per il clima. L’alternativa dipinta dal World Energy Outlook 2009 è un altro scenario, lo “scenario 450” che implica un cambiamento nel sistema energetico mondiale che permetta di stare di stabilizzare la concentrazione atmosferica di CO2 equivalente a 450 ppm. Attualmente siamo già a 385 ppm solo di CO2, contando anche gli altri gas serra siamo già oltre i 400 ppm di CO2 equivalente, per cui il margine di manovra è piuttosto ristretto e come prevede lo scenario Iea è essenziale coinvolgere anche i paesi emergenti.

Parte della comunità scientifica ritiene che 450 ppm siano già troppe ...
La conferenza climatica svoltasi a Copenhagen in marzo ha fatto il punto della ricerca scientifica climatica dall’ultimo rapporto dell’IPCC dando sicuramente maggiori motivazioni alla politica per agire in fretta. Molti ora, come il climatologo James Hansen, ritengono che per evitare gli effetti peggiori del global warming sia necessario arrivare alla stabilizzazione della concentrazione di CO2 a 350 ppm (grosso modo a circa 400 ppm di CO2 equivalente: contando che siamo a 385 significa che dobbiamo ridurre la concentrazione e non solo fermare l’aumento).

Qual è la sua opinione personale come climatologo in merito?
È impossibile averne una definita perché si parla di scenari climatici, quindi proiezioni probabilistiche. Parlando di impatti, tenendo conto dei risultati delle proiezioni, è molto probabile che se si limita l’aumento della temperatura media globale superficiale a 2°C rispetto ai livelli preindustriali (da adesso non dovrebbe aumentare di più di circa 1,5°C) si dovrebbereo evitare impatti drammatici e quasi irreversibili e si potrebbero ridurre i costi di adattamento a livelli accettabili. Ma quale sia la concentrazione di gas serra cui si debba mirare per avere questo risultato è difficile da dire. Sicuramente più stabilizziamo la concentrazione a un livello più basso maggiori sono le possibilità di ridurre l’aumento della temperatura media globale.



Fonte della notizia: Quale energia

Un esempio di auto sufficienza

Testimonianza di come è possibile vivere senza il petrolio e fare a meno della dipendenza delle tradizionali reti di distribuzione elettrica.
L'ing. Agostino De Siano è l'esempio vivente di questa premessa.

Vivere senza dipendere dal “petrolio” è possibile! Vivere senza pagare più le bollette di luce e gas non è un sogno, una fantasia, ma pura - in quanto ecologica - realtà! Solo la politica, le banche, la finanza, chi, insomma, ci sguazza nei pozzi petroliferi, fa finta di niente, fa orecchio da “mercante” e continua a spremere i cosiddetti "Paesi industrializzati" e quelli dove ancora c’è l’oro nero! Ma mentre le compagnie petrolifere giocano al rialzo nei prezzi del carburante e il governo si appresta ad aprire con decenni di ritardo, quando ormai sono divenute obsolete e superate, pericolose e costosissime, quelle centrali nucleari bocciate da un referendum popolare, esistono altre realtà molto più confortanti! Novità che la "vecchia" politica non vede per cecità di convenienza e tornaconto economico: l’energia alternativa, l’energia pulita!
Si chiama Agostino De Siano l’ingegnere ambientalista che vive a Barano d’Ischia, uno dei comuni dell’isola del golfo di Napoli. Da quindici anni ha disdetto il contratto di fornitura elettrica e fa a meno della benzina per la sua auto. La trovata che gli consente di essere autosufficiente dal punto di vista "energetico" è un impianto innovativo che garantisce l’energia alla propria abitazione. Per gli spostamenti, invece, si serve di un’auto elettrica cui ha aggiunto dei pannelli solari.
"Sono pienamente autosufficiente sia dalla rete elettrica che dai petrolieri", spiega l’ingegnere. "Da 15 anni non ho l’energia elettrica, provvedendo con l’impianto ad energia fotovoltaica e con gli accumulatori. Negli ultimi anni ho anche, drasticamente, eliminato la necessità di approvvigionamento della fornitura di carburante utilizzando una macchina elettrica (che viene ricaricata anche con l’impianto fotovoltaico di casa). Il mio impianto è del tutto indipendente dal gestore di energia elettrica. In nessuna altra parte del mondo esiste un impianto del genere, da me progettato dopo anni di studio ed esperimenti. La sua particolarità è l’utilizzo di un ponte alimentato ad alta tensione da 300 volt continui a 220 volt alternata senza adoperare il comune trasformatore/elevatore, sia esso normale trasformatore a lamierino in silicio. Il sistema da me adottato sulla vettura che utilizzo", aggiunge De Siano, "fornisce completa autonomia per lo spostamento urbano e a media percorrenza, per quelli a lunga percorrenza sono già in fase di produzione veicoli commerciali e ad uso privato con batterie al litio che entreranno in vendita nei prossimi anni."
E anche i costi, a sentire l’ingegnere, non sono improponibili per chi vuole abbracciare uno stile di vita alternativo. "Il costo maggiore da sostenere", conclude l’Archimede dei nostri giorni, "è quello per ottimi accumulatori per uso stazionario, ma un consumo di massa ridurrebbe ulteriormente il costo di questi accumulatori. Il costo complessivo di tutto l’impianto viene ammortizzato in 6/7 anni grazie all’azzeramento totale della bolletta per l’energia elettrica e all’azzeramento totale del combustibile da petrolio".
La Redazione del SocialNetwork porge i suoi migliori auguri all’ingegnere ischitano, confidando che le sue convinzioni non siano piegate dalle lobby di settore e che le sue scoperte non facciano la stessa fine di quelle del suo collega, l’ingegnere Guy Negre inventore di una macchina rivoluzionaria, ma forse troppo "rivoluzionaria" per il mondo globalizzato di oggi: la "Eolo"!


Fonte della notizia: AgoraVox

Cina? ridurrà le sue emissioni, lo promette

Il governo cinese è sempre stato allergico alle pressioni internazionali a proposito di ridurre le emissioni inquinanti, eppure è quanto promette il suo premier Wen Jiabao che dichiara la volontà di raggiungere entro il 2020 una soglia addirittura del 40-45% inferiore rispetto alle attuale produzione del PIL
Alla luce di questa posizione il presidente USA non sta certo a guardare e dal canto suo dichiara di voler abbassare le emissioni inquinanti americane ad una soglia del 17% inferiore rispetto al 2005, entro il 2020 fino a raggiungere il limite di riduzione del 42% entro il 2030.

Clima, la promessa della Cina
"2020, più efficienti del 40%"

Il premier Wen Jiabao rappresenterà il paese al vertice di Copenhagen


Una veduta panoramica della città di Pechino con fumi di scarico delle fabbriche

PECHINO - La Cina ridurrà la propria intensità carbonica, e cioè l'ammontare di emissioni a effetto serra per unità di prodotto interno lordo, del 40-45% entro il 2020. Lo ha annunciato oggi l'agenzia Xinhua (Nuova Cina) aggiungendo inoltre che tale riduzione costituisce per la Cina un "obiettivo vincolante" e per raggiungerlo si ricorrerà a misure finanziarie e fiscali. "Si tratta di un'iniziativa volontaria presa dal governo cinese in funzione della condizioni del paese e un contributo agli sforzi globali contro i cambiamenti climatici".

L'annuncio di Pechino arriva dopo che ieri la Casa Bianca aveva anticipato che il presidente Usa Barack Obama si recherà il 9 dicembre a Copenaghen per partecipare al Vertice sul Clima con in tasca una proposta di riduzione delle emissioni di gas effetto serra negli Usa del 17% nel 2020, del 30% nel 2025 e del 42% nel 2030 rispetto ai livelli del 2005.

Qin Gang, il portavoce del ministero degli Esteri a Pechino, ha confermato che il premier Wen guiderà la delegazione cinese al summit, previsto dal 7 al 18 dicembre. La sua presenza, ha aggiunto, "dimostra la grande importanza che il governo cinese dà al cambio climatico e la sua volontà politica di lavorare con la comunità internazionale su questo tema". Qin ha sottolineato che la Cina si attende dal vertice "un accordo equo e ragionevole" e ha ripetuto che il Paese asiatico che, insieme agli Stati Uniti, è il maggiore produttore mondiale di diossido di carbonio si attende che i negoziati rispettino il principio delle "responsabilità differenziate" tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo.
La settimana prossima, infine, avverrà anche un incontro a Washington tra il primo ministro australiano Kevin Rudd e il presidente Obama per analizzare i temi relativi al summit sul clima di Copenaghen. "Sono stato invitato dal presidente degli Stati Uniti per un incontro lunedì prossimo", ha detto Rudd in parlamento, aggiungendo di ritenere che sarebbe troppo sperare che dal vertice, in programma dal 7 al 18 dicembre in Danimarca, esca fuori un accordo davvero vincolante.


Fonte della notizia: La Repubblica

Rubbia: errore nucleare il futuro nel sole

Provate a chiedere a Carlo Rubbia il suo parere sul nucleare o più in generale su quale strada imboccare a proposito del futuro dell'energia sostenibile.
Se siete curiosi di saperne di più vi propongo questa breve ma illuminante intervista rilasciata su La Repubblica

Il futuro è nel sole"

Parla il Nobel per la Fisica: "Inutile insistere su una tecnologia che crea solo problemi e ha bisogno di troppo tempo per dare risultati". La strada da percorrere? "Quella del solare termodinamico. Spagna, Germania e Usa l'hanno capito. E noi..." di ELENA DUSI


Carlo Rubbia

ROMA - Come Scilla e Cariddi, sia il nucleare che i combustibili fossili rischiano di spedire sugli scogli la nave del nostro sviluppo. Per risolvere il problema dell'energia, secondo il premio Nobel Carlo Rubbia, bisogna rivoluzionare completamente la rotta. "In che modo? Tagliando il nodo gordiano e iniziando a guardare in una direzione diversa. Perché da un lato, con i combustibili fossili, abbiamo i problemi ambientali che minacciano di farci gran brutti scherzi. E dall'altro, se guardiamo al nucleare, ci accorgiamo che siamo di fronte alle stesse difficoltà irrisolte di un quarto di secolo fa. La strada promettente è piuttosto il solare, che sta crescendo al ritmo del 40% ogni anno nel mondo e dimostra di saper superare gli ostacoli tecnici che gli capitano davanti. Ovviamente non parlo dell'Italia. I paesi in cui si concentrano i progressi sono altri: Spagna, Cile, Messico, Cina, India Germania. Stati Uniti".

La vena di amarezza che ha nella voce Carlo Rubbia quando parla dell'Italia non è casuale. Gli studi di fisica al Cern di Ginevra e gli incarichi di consulenza in campo energetico in Spagna, Germania, presso Nazioni unite e Comunità europea lo hanno allontanato dal nostro paese. Ma in questi giorni il premio Nobel è a Roma, dove ha tenuto un'affollatissima conferenza su materia ed energia oscura nella mostra "Astri e Particelle", allestita al Palazzo delle Esposizioni da Infn, Inaf e Asi.

Un'esibizione scientifica che in un mese ha già raccolto 34mila visitatori. Accanto all'energia oscura che domina nell'universo, c'è l'energia che è sempre più carente sul nostro pianeta. Il governo italiano ha deciso di imboccare di nuovo la strada del nucleare.
Cosa ne pensa?
"Si sa dove costruire gli impianti? Come smaltire le scorie? Si è consapevoli del fatto che per realizzare una centrale occorrono almeno dieci anni? Ci si rende conto che quattro o otto centrali sono come una rondine in primavera e non risolvono il problema, perché la Francia per esempio va avanti con più di cinquanta impianti? E che gli stessi francesi stanno rivedendo i loro programmi sulla tecnologia delle centrali Epr, tanto che si preferisce ristrutturare i reattori vecchi piuttosto che costruirne di nuovi? Se non c'è risposta a queste domande, diventa difficile anche solo discutere del nucleare italiano".

Lei è il padre degli impianti a energia solare termodinamica. A Priolo, vicino Siracusa, c'è la prima centrale in via di realizzazione. Questa non è una buona notizia?
"Sì, ma non dimentichiamo che quella tecnologia, sviluppata quando ero alla guida dell'Enea, a Priolo sarà in grado di produrre 4 megawatt di energia, mentre la Spagna ha già in via di realizzazione impianti per 14mila megawatt e si è dimostrata capace di avviare una grossa centrale solare nell'arco di 18 mesi. Tutto questo mentre noi passiamo il tempo a ipotizzare reattori nucleari che avranno bisogno di un decennio di lavori. Dei passi avanti nel solare li sta muovendo anche l'amministrazione americana, insieme alle nazioni latino-americane, asiatiche, a Israele e molti paesi arabi. L'unico dubbio ormai non è se l'energia solare si svilupperà, ma se a vincere la gara saranno cinesi o statunitensi".

Anche per il solare non mancano i problemi. Basta che arrivi una nuvola...
"Non con il solare termodinamico, che è capace di accumulare l'energia raccolta durante le ore di sole. La soluzione di sali fusi utilizzata al posto della semplice acqua riesce infatti a raggiungere i 600 gradi e il calore viene rilasciato durante le ore di buio o di nuvole. In fondo, il successo dell'idroelettrico come unica vera fonte rinnovabile è dovuto al fatto che una diga ci permette di ammassare l'energia e regolarne il suo rilascio. Anche gli impianti solari termodinamici - a differenza di pale eoliche e pannelli fotovoltaici - sono in grado di risolvere il problema dell'accumulo".

La costruzione di grandi centrali solari nel deserto ha un futuro?
"Certo, i tedeschi hanno già iniziato a investire grandi capitali nel progetto Desertec. La difficoltà è che per muovere le turbine è necessaria molta acqua. Perfino le centrali nucleari in Europa durante l'estate hanno problemi. E nei paesi desertici reperire acqua a sufficienza è davvero un problema. Ecco perché in Spagna stiamo sviluppando nuovi impianti solari che funzionano come i motori a reazione degli aerei: riscaldando aria compressa. I jet sono ormai macchine affidabili e semplici da costruire. Così diventeranno anche le centrali solari del futuro, se ci sarà la volontà politica di farlo".


Fone della notizia: La Repubblica

giovedì 26 novembre 2009

mercoledì 25 novembre 2009

Trhee Miles Island: fuga radiottiva


E' accaduto nella giornata del 22 Novembre 2009 in Pennsylvania nella centrale nucleare di Trhee Miles Island dove 20 persone hanno subito "una leggera esposizione" a seguito di una fuga di materiale radioattivo. Nulla di preoccupante dunque!
Pare infatti che l'operaio più colpito abbia subito una esposizione pari a 16 millirem che è molto lontano dal limi
te annuo considerato pericoloso di 2.000 millirem.


Da segnalare infine che proprio la centrale nucleare di Trhee Miles Island fu protagonista nel Marzo del 1979 del più grave incidente nucleare civile della storia dopo quello di Černobyl'.

A seguito di quell'incidente negli USA non furono più costruite centrali nucleari..della serie: esperienza insegna

Per chi conosce l'inglese ecco la fonte della notizia sul sito del New York Daily News

lunedì 23 novembre 2009

La Terza Rivoluzione Industriale arriva in Palestina

La Terza Rivoluzione Industriale arriva in Palestina e a portarla è Angelo Consoli insieme al famoso Architetto Mario Cucinella. All'evento ha preso parte anche il Ministro Prestigiacomo a testimonianza della presenza del nostro Paese su temi di così grande importanza.










MARIO CUCINELLA A RAMALLAH/Palestina PER UN’ARCHITETTURA DI PACE

Giovedì 19 novembre 2009 ore 9.30 (ora locale) a Ramallah (Palestina) presso il Grand Park Hotel l’Architetto Mario Cucinella parteciperà alla Conferenza internazionale “Towards a Green Future, Eco-Architecture and Renewable Energy” organizzato da: Cooperazione italiana allo Sviluppo e il Consolato d’Italia a Gerusalemme, in collaborazione con Ministero degli Affari Esteri, Autorità Nazionale Palestinese, UNDP, UN-HABITAT (quest’ultime Agenzie ONU). Il Primo ministro palestinese Salam Fayyad , il Ministro dei Lavori Pubblici dell’ANP Mohammad Shtayyeh, il Ministro del Piano dell’ANP Ali Al-Jarbawi introdurranno i lavori della prima sessione. Sono stati invitati quattro esponenti del mondo scientifico e della ricerca italiano e internazionale e, nella sessione a loro dedicata, spiegheranno come sia possibile declinare i nuovi modelli tecnologici di energia pulita nel contesto palestinese, lasciando intravedere un ‘exit strategy’ dall’aiuto pubblico allo sviluppo. Per parlare di idrogeno, solare, termodinamico, bioarchitettura ed abitazioni a zero emissioni di anidride carbonica parleranno, oltre all’Architetto Mario Cucinella i ricercatori Bruno D’Aguanno e Gaetano Fasano.
I rappresentanti di UNDP e UN-HABITAT illustreranno le strategie delle Nazioni Unite finalizzate alla divulgazione di progetti sull’energia rinnovabile in quest’area del Medio Oriente. Angelo Consoli, portavoce in Italia dello studioso americano Jeremy Rifkin – padre delle teorie sull’idrogeno come motore di sviluppo – introdurrà il concetto di Terza Rivoluzione Industriale a partire proprio della Palestina. In ultimo gli architetti della Onlus palestinese Vento di Terra illustreranno al pubblico il progetto di una scuola elementare interamente costruita con materiale riciclato, nel deserto di Gerico – pneumatici usati e terra per far fronte alla scarsità di risorse economiche e alle difficoltà ambientali. L’Italia si interroga sull’opportunità di realizzare in futuro progetti in partnership pubblico/privato centrati proprio sull’uso intensivo di risorse naturali come sole, acqua, vento e biomasse per la produzione d’energia pulita.
La costruzione di edifici pubblici verdi – ospedali, scuole, uffici, - a zero emissioni d’anidride carbonica, sul modello delle “Passive House nordiche, risulta centrale. Fitto il calendario di incontri che l’ Architetto Mario Cucinella avrà in occasione della sua trasferta palestinese; tra gli altri segnaliamo l’incontro con i colleghi architetti palestinesi interessati ad approfondire le tematiche di architettura eco-compatibile sostenute da Cucinella e il giorno 18 novembre ore 10 presso l’Università Birzeit (Palestina) l’incontro con gli studenti.

Fonte della notizia: Il sito di Mario Cucinella






Il sole in casa Lombardo

Ecco un articolo che dimostra come le pratiche di finanziamento in Sicilia anche per grosse somme vengono concesse in tempi da record...non ci credete? leggete allora e vi ricrederete!

Il sole in casa Lombardo

di Marco Guzzetti
L'istituto controllato dalla Regione finanzia l'impianto della moglie del governatore. Ben 5 milioni e 600 mila euro di fondi. Storia di un affare di famiglia
È un piccolo conflitto di interessi alla luce del sole, è il progetto di finanziamento per un impianto fotovoltaico, approvato dal consiglio di amministrazione dell'Irfis, l'istituto di mediocredito siciliano, a favore dell'impresa agricola di Saveria Grosso, la moglie del presidente Raffaele Lombardo. Il progetto vale oltre 5 milioni e 600 mila euro. La somma sarà coperta in gran parte dalla banca di investimenti, il cui pacchetto di maggioranza è sotto l'egida di Unicredit con la regione Sicilia nelle vesti di socio minoritario. Proprio per questa partecipazione, l'Irfis è sottoposto al controllo e alla vigilanza da parte dell'amministrazione guidata da Lombardo.

La pratica della first lady siciliana è stata varata in tempi record: presentata ad aprile del 2008, ha avuto l'ok in soli due mesi.

Leggendo il documento si intuisce che i funzionari hanno subito il fascino sottile del potere, tanto che nel descrivere le attività della signora Grosso si sfiora il sublime: «Titolare dell'omonima aziendale agricola che opera dal 1999 nell'ambito delle colture agrumicole, esercita, inoltre, attività consulenziali nell'ambito dell'intermediazione finanziaria. Essa è coniugata con l'onorevole Raffaele Lombardo, presidente della Regione Sicilia». Una proposta, dunque, che l'Irfis non poteva rifiutare.

Il programma di spesa prevede la realizzazione nella tenuta di Ramacca, in provincia di Catania, di un impianto integrato per la produzione di energia solare, per una potenza pari a 992 kwh, su una serra di 20 mila metri quadri. L'Irfis sarà la capofila di un pool di banche che copriranno con quasi 3 milioni, il 50 per cento del costo. Ma come farà la first lady a restituire il credito? Anche qui entrano in scena gli incentivi. Il piano economico lo spiega chiaramente. L'impianto - che sarà realizzato da Spes engineering, affiliata della rete franchising di Enel.si - verrà gestito da un "Spv", società veicolo previste dalla legge sul "conto energia". All'impresa agricola della Grosso toccheranno incentivi pari a 0,431 euro per ogni kwh prodotto. La stima è di oltre 1 milione e mezzo di kwh annui che faranno incassare alla Spv della famiglia Lombardo oltre 730 mila euro l'anno. Un bel business. Che l'Irfis ha condiviso con entusiasmo. Anche perché l'istituto è al centro di un delicata partita che vede il governo Lombardo contrapposto a Unicredit, nel controllo del pacchetto di maggioranza. Lo scenario vede la Sicilia pronta a cedere lo 0,5 per cento delle azioni detenute in Unicredit, in cambio del 76 per cento dell'Irfis, controllato da piazza Cordusio attraverso il Banco di Sicilia. Il sogno autonomista è utilizzare la licenza bancaria dell'Istituto per creare una banca siciliana.

L'Irfis è una preda ambita: anche la Popolare di Vicenza, presente in Sicilia con il marchio Bancanuova, ha tentato la scalata. Vista di buon occhio dal governo regionale, la proposta del gruppo bancario che fa riferimento a Zonin è stata stoppata dal no di Bankitalia. Tracce di Bancanuova si trovano anche nel progetto di finanziamento che la signora Grosso in Lombardo ha presentato all'Irfis. "Le attività consulenziali" citate nel documento si riferirebbero all'incarico di pr che la first lady sicula ha svolto per Bancanuova, generando un reddito imponibile di circa 200 mila euro l'anno. Secondo conflitto di interessi sfiorato: Bancanuova svolge il servizio di tesoreria per l'assemblea siciliana e gestisce alcuni fondi di rotazione dell'amministrazione regionale per oltre 50 milioni l'anno. A quanto risulta a "L'espresso", però la signora Grosso ha di recente rinunciato a questo incarico.
(19 novembre 2009)


Fonte della notizia: L'Espresso

1° Corso Tecnico Alwitra in Italia: ecco le foto

Qualche post fa annunciavo che si sarebbe svolto il primo corso Alwitra in Italia, beh, ecco qualche foto di quelle 2 giornate.

L'evento è stato organizzato da SolartecMed e ne ha preso parte l'energy manager della Regione Sicilia Angelo Consoli





giovedì 19 novembre 2009

SolartecMed si trasferisce!


Visualizza SolartecMed in una mappa di dimensioni maggiori











A partire da Mercoledì 25 Novembre 2009 SolartecMed cambia sede! e ha scelto la bellissima cornice della Riserva Orientata di Capo Gallo in Via P.M. 72



lunedì 16 novembre 2009

Jeremy Rifkin - Università di Palermo - Lectio Magistralis

Questa settimana desidero proporvi l'intervento integrale di Jeremy Rifkin presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università di Palermo. SolartecMed con il suo intero staff non poteva certo perdersi un appuntamento simile, per tutti coloro che se lo sono persi ecco l'occasione per rimediare.

Ringrazio P. Croce di CIP6 senza il quale non sarebbe stato possibile avere questo prezioso documento.

Qui la fonte del documento: ReverseInformation/youtube



Tutte le strade portano a Roma: illuminiamole a LED!

Ottimo spunto se il buon esempio parte dalla Capitale.
Stiamo parlando di un intervento promesso dal Sindaco Alemanno in accordo col Presidente della Acea Giancarlo Cremonesi, durante la presentazione dell'evento "Innovazione tecnologica e risparmio energetico del Comune di Roma", che prevede un investimento di € 1,445 mln per apportare 361 punti luce a tecnologia LED in 3 zone della città.

Di seguito vi propongo l'intervista a Cremonesi pubblicata proprio sul sito della ACEA



Luce di nuovo bianca per l’illuminazione stradale di Roma. Quali sono i vantaggi in termini di funzionalità e sicurezza?

“Principalmente la qualità della luce. Quella emessa dalle lampade al sodio è di tonalità più gialla, e come tale non incontra il picco di sensibilità dell’occhio umano. I colori infatti non vengono riprodotti fedelmente e serve più luce per garantire una visione sicura. I Led invece, emettono luce bianca, fredda, che consente di illuminare le strade aumentandone il livello di sicurezza perché il tempo di reazione ad eventuali imprevisti diminuisce. Poi la luce bianca è anche in grado di attraversare meglio la nebbia, tutto con il vantaggio poi di risparmiare energia. I Led poi, migliorano la qualità delle immagini “catturate” dalle telecamere di sicurezza. L’indice di resa colorimetrica (Cri) cioè la fedeltà di riproduzione dei colori è di 20 per le lampade al sodio e 80 per quelle a Led. L’idea di applicare la tecnologia Led all’illuminazione stradale deriva anche dalle ultime scoperte scientifiche in campo percettivo. Gli studi sulla visibilità con luce bianca dimostrano infatti che l’utilizzo degli apparati oculari percettivi, coni e bastoncelli, dipende dalla “luminanza”. (ndr: la luminanza è un termine tecnico che indica il rapporto tra intensità luminosa emessa da una sorgente verso una superficie normale alla direzione del flusso e l'area della superficie stessa). I risultati di questi studi indicano anche che è preferibile utilizzare sorgenti luminose con spettro prevalente nella banda del blu, come i Led, senza che siano necessari elevati valori di luminanza. Le lampade al sodio ad alta pressione invece, presentano uno spettro centrato soprattutto nella banda del rosso, quindi molto al di fuori del picco di sensibilità dell’occhio umano. In conclusione, per garantire una visione sicura con le lampade al sodio, occorrerebbe aumentare la potenza luminosa del 50%.”

Quali sono i principali aspetti tecnici che caratterizzano l’adozione della tecnologia Led?

Schematicamente sono l’efficienza energetica (-50% di energia), il miglioramento prestazioni illuminotecniche, la riduzione dell’impatto ambientale per l’assenza di componenti inquinanti come il mercurio e il ridotto smaltimento rifiuti. Poi ancora, l’accensione immediata, la riduzione dei costi di manutenzione e infine la insensibilità a umidità, vibrazioni, frequenza d’accensione, freddo ( -40°)

E quelli economici?

Nella valutazione del tipo di apparecchi da utilizzare, se a tecnologia Led o tradizionali, abbiamo analizzato il costo iniziale d’acquisto armature, quello dell’energia e, infine, quello di manutenzione. Poi abbiamo sviluppato i relativi costi e comparato le due tecnologie prendendo a riferimento un periodo di 10 anni. Ne è risultato, considerando i migliori prodotti Led attualmente sul mercato, un “Payback Period” inferiore a 6 anni.


In quanto a sperimentazione nel campo dell’illuminazione pubblica, come si qualifica Roma rispetto alle altre capitali europee?

Al momento non abbiamo alcun benchmark di riferimento che ci consenta una valutazione del genere.

Ci può fare un bilancio a conclusione della prima fase di studio e applicazione del progetto?

Dopo qualche mese dalla loro installazione, abbiamo analizzato gli aspetti prestazionali dei tre impianti costruiti nel 2008, parliamo dei 52 punti luce in via Grispigni, via Cafasso e via Castelbottaccio. In particolare abbiamo valutato l’elevata uniformità luminosa dell’impianto sulla superficie viabile, i livelli di luminanza al di sopra dei valori previsti dalla norma per l’applicazione effettuata e la temperatura di colore dei Led - luce bianca fredda a 6000K – vale a dire buona resa cromatica ma rispetto ad alcuni elementi di contorno non “familiare” e confortevole. I valori di abbagliamento risultano verificati nei limiti della norma attraverso programmi di calcolo illuminotecnico che utilizzano le curve fotometriche dell’apparecchio in formato Ies, fornite dall’azienda. Tutto quello di cui ho parlato sin’ora, vorrei precisare che è frutto del lavoro del Team Group Led, costituito da Rosanna Pace, Remo Guerrini e Salvatore Pipus. Il mio merito è quello di credere in questa squadra e promuovere e creare consenso intorno a tali iniziative. A loro un grazie e soprattutto un buon lavoro per la fase di realizzazione.


Fonte della notizia: ACEA

mercoledì 11 novembre 2009

Menage a trois

...o per meglio dire Italia, Francia e USA insieme sull'accordo sancito che porterà il nucleare nel Bel Paese.
A prescindere dalle opinioni, che so essere diverse e supportate tutte da voci autorevoli, sui vantaggi (o svantaggi!) che le centrali nucleari apporterebbero, vi invito a seguire con attenzione il video prodotto da RaiNews24.

Il modo migliore per farsi un'idea sulle cose è conoscerle!

mercoledì 4 novembre 2009

Miss Earth quest'anno all'insegna dell'ambiente














La più bella manifestazione al mondo da quest'anno si tinge di verde.
Le miss infatti sfilando mostrano dei cartelli su cui vi sono dei consigli utili a favore dell'ambiente.
Tutti voi, esattamente come me, che prendete seriamente a cuore il tema della tutela ambientale ci limiteremo ad ammirare queste bellezze, discorso totalmente diverso vale per tutti gli altri che sono invitati a leggere esclusivamente i cartelli!

martedì 3 novembre 2009

Facciamo nuotare gli aquiloni

La tecnologia va avanti e sulla base di questo nuove soluzioni vengono trovate al pressante problema dell'approvvigionamento energetico.
Gli ingegneri della Saab in questo senso hanno progettato un aquilone (inizialmente pensato per funzionare con il vento) sotto-marino in grado di sfruttare le correnti marine per la produzione di energia.


Fonte: Corriere della Sera



Aquiloni a turbina sotto i mari per produrre energia con le correnti

Interessato il ministero dell'Energia britannico: un kW costerebbe tra 0,06 e 0,14 euro

In inglese si chiama serendipity, in italiano coincidenza. Cioè si sta cercando qualcosa in un certo campo, quando si scopre che invece funziona in tutt'altra direzione. È quanto avvenuto alla Minesto, compagnia del gruppo svedese Saab. Gli ingegneri stavano studiando un aquilone a turbina per produrre energia con il vento, quando si sono accorti che l'apparecchio sarebbe stato molto più efficiente immerso nel mare, dove l'acqua è 832 volte più densa dell'aria.

IN ACQUA - Detto e fatto: Green Deep è stato convertito dall'aria all'acqua. Si tratta di una turbina sorretta da un'ala dal peso totale di 7 tonnellate che, ancorata con un cavo al fondale marino a 60-150 metri di profondità, fluttua descrivendo una traiettoria a forma di 8 orizzontale, come il simbolo dell'infinito. Il processo avviene in due fasi. Nella prima si aumenta la velocità del flusso che entra nella turbina. Quando la marea colpisce l'ala, questa di abbassa creando una forza ascendente e con la traiettoria a 8 rovesciato la velocità del flusso è aumentata di dieci volte. Nella seconda fase si utilizza un generatore per convertire l'energia cinetica in elettricità. Secondo la Minesto dopo sole tre settimane l'aquilone sottomarino ha già recuperato l'energia spesa per realizzarlo, contro gli 8 mesi che servirebbero se fosse utilizzato in aria. Ogni aquilone ha una potenzialità di 500 kW. Ogni kilowattora viene prodotto a un costo di 0,09-0,20 dollari (0,06-0,14 euro).

POTENZIALITÀ - In Europa, però, la potenzialità di un sistema simile potrebbe essere espressa quasi solo in acque britanniche, dove le correnti sono pari a 1-2 metri al secondo a una profondità di 6-120 metri. Il ministero dell'Energia britannico si è già interessato al progetto. Deep Green è ora finanziato dai governi svedesi e britannico e ha ricevuto quasi 3 milioni di dollari da altre compagnie. Si stima che un sistema completo di aquiloni sottomarini possa produrre 18 terawattora annui, sufficienti per assicurare energia a quasi 4 milioni di abitazioni in Gran Bretagna

Lombardia : un esempio da seguire

Oltre 1400 famiglie in Lombardia usufruiranno di energia derivante da fonti rinnovabili.
Esempio sicuramente da seguire, soprattutto per noi siciliani vista la migliore esposizione solare rispetto agli amici della Lombardia.

Fonte: Corriere della Sera

Energia pulita, in Lombardia
un passo verso la "valle del sole"

Altri 11 ettari autosufficienti:oltre all'attività agricola forniranno energia pulita a 1.400 famiglie

Un parco fotovoltaico, Agroenergia 2.5, che vedrà la luce nel primo semestre 2010 . Da sabato, a Isso, in provincia di Bergamo, inizieranno i lavori . Una volta ultimato permetterà il normale svolgimento delle attività agricole e darà energia pulita agli abitanti della zona, prevedendo anche la creazione di un parco didattico. Il progetto consentirà di fornire energia a impatto zero a oltre 1.400 famiglie di quattro comuni dell’area di Isso: Barbata, Covo, Fontanella e Antegnate. Il parco fotovoltaico, che si estenderà su 11 ettari, prevede un brevetto che permette di sfruttare meglio l’energia solare rispetto ai classici sistemi fotovoltaici producendo rendimenti più elevati.



Infatti, i pannelli solari sono controllati da un software che ne gestisce la rotazione tenendo conto della costante variazione dell’inclinazione della terra rispetto al sole. In questo modo si ottiene una grande efficienza aumentando la produzione di energia di circa il 35% rispetto ai sistemi classici. Grazie al sistema Sun Catch System non saranno prodotte emissioni di nessun tipo e la fauna migratoria non subirà alcun disturbo.

LA "VALLE DEL SOLE" - «Questo è un passo fondamentale verso la realizzazione di una vera e propria Sun Valley in Lombardia» secondo i responsabili delle aziende che hanno realizzato questo progetto. Per Daniele Togni, amministratore delegato di Nrg Agrivis, e Alberto Volpi, amministratore delegato di Vipiemme Solar “l’inaugurazione di Agroenergia 2.5 è un evento importante in un periodo in cui sempre di più emerge la necessità inderogabile di sviluppare energia pulita». Con Agroenergia 2.5, la Lombardia si conferma la regione più attiva nel settore del fotovoltaico italiano, con più del 15% di impianti sul totale di quelli operanti sul territorio nazionale. Secondo una ricerca sull’energia fotovoltaica in Lombardia della Camera di Commercio di Milano e del Politecnico di Milano sono infatti 6.024 gli impianti installati in Lombardia a giugno 2009, per una potenza che complessivamente sfiora i 57.000 kW, +488% tra 2008 e 2007, e che si stima quadruplicabile nel 2011 con un potenziale complessivo di crescita pari a 6.958 MW tra 2009 e 2020. Il 95% degli impianti attivi in Lombardia riguarda comunque ancora il mercato residenziale.

1° Corso Tecnico Alwitra in Italia

Mercoledì 11 e Giovedì 12 Novembre presso l'Addaura Hotel Congressi di Palermo si svolgerà il 1°
Corso Tecnico Alwitra
Questa tipologia di corsi, che normalmente hanno luogo in Germania, grazie soprattutto alla forza
del Network SolartecMed, per la prima volta saranno organizzati in Italia
Lo straordinario prodotto Alwitra unisce allo speciale materiale impermeabilizzante (Evalon),
riconosciuto come fra i migliori in tutto il mondo, i vantaggi del Silicio Amorfo (film sottile) che
rende possibile l'installazione di Impianti FV dove le tradizionali tecnologie Silicio-Cristallino non
possono essere applicate.
Inoltre la garanzia di 20 anni dall'installazione e le certificazioni di cui gode, ne fanno un prodotto
di sicura affidabilità e di eccezionale rendimento.
Il corso sarà tenuto direttamente da 2 Ingegneri Alwitra e vedrà la partecipazione del Responsabile
Commerciale Europa Dott. Axel Friedrich.

Per ulteriori informazioni siamo disponibili a questi numeri:
Telefono Ufficio 091 689 38 24 - 091 684 48 47 - Fax 091 619 53 08

oppure invia una mail a info@solartecmed.com

venerdì 30 ottobre 2009

Guida/ Marchi, loghi e certificazioni eco-ambientali

I marchi, le certificazioni e i loghi eco-ambientali sono decine e molti stentano a capire il significato. Un'inchiesta condotta nel 2005 dalle associazioni di consumatori europee evidenziava proprio la difficoltà di interpretare i simboli, di sapere se i marchi sono volontari o obbligatori, di valutare la serietà. Si tratta di perplessità comprensibili visto che pittogrammi di tipo ambientale insieme a quelli relativi alla sicurezza, al settore tessile e alimentare sono più di 110 . Ecco una rassegna dei più diffusi simboli usati nel settore ambiente.

EcolabelFscFairtradeAise
FrecceAngelo bluBatterieOmino
con cestino

...fotovoltaico...e il sole paga!

Ecco un articolo apparso su Il sole 24ore che tratta un argomento molto caro agli operatori del settore delle energie rinnovabili.

Tutto si riduce a una questione di costi. L'Italia nel 2008 è diventato il quinto paese al mondo come capacità fotovoltaica installata dopo Germania, Spagna, Giappone e Stati Uniti. Per la stragrande maggioranza, si tratta di impianti di piccole dimensioni: domestici o poco più. Il motivo è presto detto: gli incentivi del Conto Energia, al momento, sono considerati i migliori al mondo. Il 2009 procede a un buon ritmo e il tetto di 1.200 megawatt verrà verosimilmente raggiungo entro fine 2010. Poi gli incentivi resteranno, ma ridotti. E la grid parity? È in fondo al percorso. Nel momento in cui l'energia elettrica prodotta con i raggi del Sole potrà competere da sola con la bolletta tradizionale, il fotovoltaico camminerà con le sue gambe.

Sì, ma quando? La risposta è varia, non univoca, spesso strumentale. C'è chi dice che ormai ci siamo e chi parla di almeno 7-8 anni. Proviamo a fare due conti su scala domestica. La bolletta energetica, in media, «si aggira sui 20 centesimi di euro per Kwh», spiega Davide Valenzano, coordinatore dell'area monitoraggio del Gse. Il fotovoltaico costa di più. Dipende dalla geografia del posto (ore di insolazione annue) e dalla grandezza del l'impianto. Secondo lo studio «Il valore dell'energia fotovoltaica in Italia» realizzato da Arturo Lorenzoni, docente di economia dell'energia all'Università di Padova e allo Iefe (Bocconi) per il Gifi (il gruppo delle aziende del settore aderenti alla Confindustria attraverso l'Anie) nel caso dei piccoli impianti, tra 1 e 6 Kw di potenza, la "bolletta" dell'elettricità di origine solare varia dai 51,3 centesimi per Kwh nel Nord del Paese, dove le ore di insolazione annue sono 1.100, ai 37,6 euro del Mezzogiorno (1.500 ore di sole). In media, più del doppio di quanto siamo abituati.

Oggi l'incentivo italiano paga 45 centesimi per ogni Kwh messo in rete. «A questo va aggiunto lo scambio sul posto, una sorta di magazzino dove si può depositare l'energia in eccesso, salvo poi recuperarla quando c'è bisogno», continua Valenzano. Secondo il Gse in 11 anni un utente domestico medio si ripaga l'investimento iniziale, poi ogni briciolo di energia fotovoltaica è gratuita finché l'impianto funziona. I pannelli sono generalmente in garanzia per 25 anni. Il Conto Energia rende la tecnologia conveniente. L'investimento iniziale non è per tutti, ma le banche offrono qualche sostegno.

Proviamo ora a immaginare un mondo senza incentivi. Qual è il numero che identifica la grid parity? A livello domestico, la variabile preponderante è il prezzo dell'impianto. Va diviso per gli anni di esercizio. Quando il risultato è uguale a quanto si spenderebbe per gli stessi anni con le fonti tradizionali, si è raggiunto il magico punto di equilibrio. «Solo che il prezzo della bolletta dipende dalle fonti fossili e dal mercato dell'energia, e dunque è variabile», dice Lorenzoni. Secondo diverse analisi l'Italia sarà uno dei primi paesi al mondo a raggiungere questo obiettivo, visto che ha le bollette più salate d'Europa e buona insolazione. Il prezzo della tecnologia è in discesa. Secondo la ricerca, oggi, in Italia, un impianto costa 4.200 euro al Kw. Nel 2010 sarà 3.733 euro. Nel 2020, 2.178 euro. Dunque la metà. «Se un anno fa avessi detto che il prezzo dei moduli sarebbe crollato del 40%, mi avrebbero preso per pazzo», scherza Lorenzoni, sottolineando l'aspetto più intrigante del fotovoltaico. La partita si gioca proprio sul costo dei moduli, che pesa per il 70% sul totale.

Una risposta certa sulla grid parity, dunque, non esiste. Troppe variabili in gioco. E soprattutto «la ricerca spasmodica di questo equilibrio economico non è l'aspetto più importante – conclude Lorenzoni –, la priorità è che l'industria raggiunga un'economia di scala tale da consentirgli di investire ancora in ricerca». Un passo alla volta. Nel frattempo il Gifi ha proposto un taglio degli incentivi fino al 20% che garantirebbe l'installazione di 15mila Mw di impianti fotovoltaici al 2020 e la creazione, lungo tutta la filiera, di almeno 90mila posti di lavoro.

Finiu 'u pisci

Pare assurdo che gli abitanti più antichi di questo nostro pianeta abbiano una aspettativa di vita così breve!
Secondo uno studio pare infatti che entro il 2048 la gran parte dei grandi pesci scomparirà dagli oceani. Un altra drammatica dimostrazione di quanto può essere devastante la mano dell'uomo.

Entro il 2048 quasi estinti i grandi pesci

Dal punto di vista ecologico guida­re un fuoristrada Hummer e ordinare un sushi di tonno rosso in un ristorante sono altrettanto devastanti

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
WASHINGTON
— Qual è la differenza tra guida­re un fuoristrada Hummer dallo smodato consumo di benzina e ordinare un sushi di tonno rosso in un ristorante? La risposta esatta è: nessuna, entrambe le azioni sono devastanti dal punto di vista ecologi­co. Come, si chiederà il nostro lettore, bruciare ossi­do di carbonio, aggravando l’effetto serra e il riscal­damento del clima, è la stessa cosa che mangiar pe­sce, dieta perfetta per rallentare l’invecchiamento? Duro da ammettere, è proprio così.

TONNI ROSSI - Poche creature degli oceani hanno la maestà dei grandi tonni rossi, siluri argentati e idrodinamici che possono arrivare a 700 chilogrammi di peso, 4 metri di lunghezza, eppur muoversi velocemente a oltre 40 chilometri l’ora. Ma il «Bluefin» ha anche un’altra caratteristica, la carne più buona del mon­do. E negli ultimi trent’anni un’armada sempre più tecnologicamente all’avanguardia e micidiale, fatta di navi e aerei da ricognizione, reti speciali, radar, sonar e perfino satelliti, ne ha decimato la popola­zione. Lo sterminio del tonno Bluefin è emblemati­co di tutto quanto c’è di criminale e distruttivo nel­l’industria della pesca nel mondo. Dove un’alleanza potente, fatta di multinazionali senza scrupoli, lob­bisti, governi compiacenti, consumatori irresponsa­bili e perfino accademici senza etica sta acceleran­do una catastrofe sistemica, con conseguenze incal­colabili per il pianeta.

LA FINE DEI PESCI- Finiranno i pesci? Non è più solo una domanda retorica. Secondo uno studio della rivista Science, in mezzo secolo siamo riusciti a ridurre del 90% la popolazione di tutti i grandi pesci preferiti dal mer­cato. Di più, se nulla accadesse, se le catture conti­nuassero a questo ritmo, entro il 2048, anno più an­no meno, tutte dicansi tutte le specie ittiche com­merciali avranno subito un «collasso» generale, nel senso che se pescherà sì e no il 10% dei livelli massi­mi, cioè quelli degli Anni ’80. Con le parole di Da­niel Pauly, scienziato e docente al Fisheries Center della University of British Columbia, «i pesci sono in grave pericolo e se lo sono loro, lo siamo anche noi».

IL SAGGIO - «Aquacalypse now» ha definito Pauly l’inquie­tante prospettiva, in un recente saggio pubblicato su The New Republic e dedicato alla «truffa» messa in atto sin dagli anni Cinquanta dagli uomini con­tro gli oceani e i loro abitanti. Uno schema predato­rio, rivolto all’inizio contro le popolazioni di mer­luzzi, pesci spada, naselli, sogliole e platesse del­l’emisfero settentrionale. Poi, man mano che queste famiglie si assottiglia­vano, le flotte si sono mosse sempre più a Sud, pri­ma verso le coste dei Paesi in via di sviluppo e da ultimo verso i fondali dell’Antartico, in cerca di spe­cie nuove e sconosciute. Quando poi i pesci di gran­de taglia e alto valore hanno cominciato a scompari­re, dai tropici ai poli non c’è stata più frontiera e limite: le barche hanno preso a catturare qualità sempre più piccole, mai in precedenza considerate commestibili per l’uomo. L’alleanza sciagurata de­gli interessi ha funzionato benissimo, alimentata da una domanda mondiale di pesce insaziabile e di­sposta a pagare qualsiasi prezzo, pur di avere le qua­lità più prelibate. Ma ora la lunga festa sta per fini­re. Nel 1950, secondo i dati della Fao, nel mondo si catturavano 20 milioni di tonnellate metriche di pe­sce e molluschi. Alla fine degli Anni ’80, il pescato mondiale raggiunse il massimo storico di 90 milio­ni di tonnellate. Da allora, è in declino costante. Co­me in una immane catena di Sant’Antonio, che ri­chiede i soldi di sempre nuovi finanziatori per paga­re i precedenti e rimanere in piedi, l’industria ha avuto bisogno continuamente di nuovi stock di pe­sce per continuare a operare. Invece di regolare pe­riodi e quantità delle catture, consentendo alle spe­cie di riprodursi e stabilizzare i livelli di popolazio­ne, è andata avanti fino all’esaurimento, spostando­si altrove e saccheggiando i mari. Se per l’Occidente ricco e affluente la fine dei pe­sci può sembrare una semplice disgrazia culinaria, per i Paesi emergenti, soprattutto nelle regioni più povere dell’Africa e dell’Asia, il pesce è la principa­le risorsa di proteine e una fonte di reddito per cen­tinaia di milioni di persone, piccoli pescatori e ri­venditori. E non c’è solo questo.

«EFFETTI COLLATERALI» - «L’impatto della riduzione della fauna marina sull’ecosistema degli oceani è stato del tutto sottovalutato», ammonisce Boris Worm, biologo dell’Università di Kiel in Ger­mania. «Fenomeni come l’esplosione della popola­zione di meduse e le alghe morte in molte zone co­stiere del mondo sono la diretta conseguenza della sparizione dei predatori dall’ecosistema marino», spiega Pauly, secondo cui la dinamica è aggravata dal progressivo riscaldamento dei mari. Eppure, l’Aquacalypse non è inevitabile. La buo­na notizia è che non è troppo tardi per scongiurar­la, a condizione che i governi si mobilitino. Ma quello necessario è un tipo d’intervento sofisticato e coraggioso, ben oltre l’imposizione di quote an­nuali, che comunque andrebbero strutturate in mo­do nuovo per esempio distribuendo «accessi privi­legiati » a un numero limitato di pescatori. Né basta una pur necessaria campagna di educazione dei consumatori, per incoraggiare prudenza e saggez­za di scelte. Illusoria è anche la promessa dell’ac­quacoltura, che secondo alcune statistiche fornireb­be oggi già il 40% del pesce consumato nel mondo. Intanto perché non c’è nessuna affidabilità sulle statistiche fornite alla Fao dalla Cina, che produr­rebbe già quasi il 70% del totale. Ma soprattutto per­ché, fuori dalla Repubblica Popolare, il settore pro­duce principalmente pesci carnivori, come il salmo­ne, nutriti cioè con olii e macinati di aringhe, sgom­bri e sardine: «Ci vogliono quasi 2 chili di pesci pic­coli per produrre mezzo chilo di uno grande — spiega Pauly —, è come rubare a Pietro per pagare Paolo. In Occidente l’acquacoltura è un lusso, dal punto di vista della sostenibilità globale». In realtà, aggiunge lo studioso, il punto centrale è scoraggia­re il complesso industriale della pesca, riducendo i sussidi: «Questo consentirebbe alla popolazione it­tica di ricostruirsi, mentre i miliardi risparmiati po­trebbero essere investiti nella ricerca per gestire meglio gli stock». Di più, «tocca ai governi dividere in zone l’ambiente marino, identificando le aree do­ve la pesca è tollerata e altre dove non lo è». Tutti i Paesi marittimi possono regolare i tratti fino a 200 miglia dalla loro costa, in base al Trattato del Mare dell’Onu: si tratterebbe quindi di creare un network planetario di riserve marine. Più facile a dirsi. Ma tant’è: «L’obiettivo minimo è ridurre del 50% la mortalità, per evitare l’ulteriore declino di specie a rischio», spiega Ransom Myers, biologo marino alla Dalhousie University in Canada.


Fonte: Corriere della sera