martedì 22 settembre 2009

Royal Society: pensiamo ad un piano B


DA visionari sogni di scienziati sospettati di pazzia a concreta proposta di azione della prestigiosa Royal Society britannica. E' la sorprendente parabola della geo-ingegneria, quella branca della ricerca che da anni studia soluzioni tecnologiche per ridurre la presenza di anidride carbonica nell'atmosfera, disinnescando gli effetti più gravi del riscaldamento globale. "E' il prezzo che potremmo dover pagare per il nostro fallimento nella lotta contro i cambiamenti climatici", afferma il professor John Shepherd dell'università di Southampton.

Iniziative che presentano spesso uno spiccato sapore fantascientifico, come la messa in orbita di giganteschi specchi riflettenti oppure il progetto per spruzzare in cielo sostanze chimiche in grado di emulare l'effetto raffreddante che accompagna le grandi eruzioni vulcaniche. Ora a sdoganare queste idee apparantemente eccentriche come detto è uno studio della Royal Society nel quale l'istituzione scientifica suggerisce al governo di prendere in seria considerazione la necessità di non escludere la necessità di ricorrere a questo "piano B".

Rispetto ai precedenti entusiasmi a sostegno della geo-ingegneria il nuovo documento destinato a guidare le scelte di Downing Street presenta però delle sostanziali differenze. I maggiori sponsor di queste avveniristiche soluzioni sono stati a lungo i fautori dello status quo e i nemici della transizione verso un'economia affrancata dalle fonti fossili. Inutile ridurre i consumi tanto poi la tecnologia darà una bella ripulita all'aria, era la loro parola d'ordine. La ricerca della Royal Society pone invece subito in chiaro che mettere in cantiere eventuali azioni di geo-ingegneria non deve minimamente distogliere il governo dall'impegno centrale per ridurre le emissioni. "Occorre incrementare gli sforzi verso la mitigazione e l'adattamento ai cambiamenti climatici - si legge nel documento - trovando in particolare un accordo per ridurre globalmente le emissioni di almeno il 50% entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990".

L'istituzione scientifica britannica mette in guardia inoltre sul fatto che alcune proposte per rimuovere CO2 dall'atmosfera appaiono troppo rischiose e dagli effetti collaterali ancora da chiarire. Bocciata, in particolare, la proposta di "inseminare" il mare con limatura di ferro per favorire la proliferazione di alghe che assorbono grossi quantitativi di anidride carbonica durante la crescita, anche perché i primi esperimenti hanno dato esiti poco lusinghieri.

La Royal Society stila quindi una graduatoria degli interventi che ritiene più affidabili, lasciando ben poco spazio a visioni fantascientifiche. La priorità, spiega lo studio, è rimuovere la CO2 dall'atmosfera, anche intervenendo per potenziare il lavoro che già svolgono in questo senso gli elementi naturali come rocce e suolo.

Il massimo del fantascientifico in questo campo potrebbe essere rappresentato dagli "alberi artificiali", grandi strutture simili a porte da football in grado di succhiare anidride carbonica dall'aria. L'efficienza e il funzionamento di questa invenzione deve però ancora essere messa a punto. Secondo lo studio, solo in un secondo momento, se la situazione del clima dovesse aggravarsi, si potranno prendere in considerazione soluzioni più spettacolari come il lancio in orbita di grandi specchi riflettenti oppure lo "sbiancamento" delle nuvole con acqua di mare per rendere più efficace l'ombra che proiettano sulla terra.

La Royal Society conclude quindi il documento raccomandando la creazione di un organismo internazionale incaricato di fissare regole e standard attraverso i quali giudicare la percorribilità delle possibili soluzioni di geo-ingegneria. "La sfida maggiore per il loro successo - si legge nel rapporto - potrebbe essere sul piano sociale, etico, legale e politico prima ancora che scientifico".

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Fonte: La Repubblica

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