Cari amici, questa mattina vi propongo l'articolo apparso su Repubblica Ambiente a proposito del Decreto in fase di discussione in questi giorni.
Il Decreto in questione così come è stato abbozzato stabilirebbe un tetto limite di impianti incentivabili. Stando ai calcoli di Massimo Sapienza, Pres. di Asso Energie Future, sono in ballo 120 mila posti di lavoro.
Buona lettura.
DOPO l'eolico, il fotovoltaico. Il nome della seconda vittima della guerra alle rinnovabili è nel decreto che il governo si preparerebbe ad approvare all'inizio della prossima settimana. "Con un tetto di impianti incentivabili fino al 2020 vicino alla soglia che si raggiungerà nell'arco di un anno, il fotovoltaico è destinato a chiudere i battenti", accusa Massimo Sapienza, presidente di Asso Energie Future. "Sarebbe il secondo fallimento programmato dopo quello che ha messo in ginocchio l'industria e la ricerca italiane negli anni Ottanta. Dovremmo mandare a spasso 120 mila persone che lavorano, direttamente o indirettamente nel settore".
Il decreto legislativo in questione sarà discusso martedì dal pre Consiglio dei ministri e votato con ogni probabilità giovedì prossimo. Secondo le bozze in circolazione, prevederebbe un taglio del 30 per cento degli incentivi, le aste al ribasso per gli impianti oltre i 5 megawatt (un meccanismo considerato discutibile perché diminuisce le garanzie contro le infiltrazioni del malaffare), il divieto di fotovoltaico a terra per impianti superiori a 1 megawatt.
L'allarme è condiviso da tutte le associazioni delle rinnovabili da Aper a Assosolare. "Nel 2010 in Europa il fotovoltaico ha avuto la crescita più alta tra le fonti rinnovabili", ricorda Giuseppe Moro, del direttivo di Assosolare. "Tagliare le gambe all'industria del sole e a quella del vento vuol dire bloccare la crescita tecnologica del paese in un settore
strategico". Il governo sembra intenzionato ad andare avanti per ragioni di cassa, come ha precisato Paolo Romani, il ministro dello Sviluppo economico, dichiarando: "Dal 2000 al 2010 i cittadini hanno pagato in bolletta 20 miliardi per aggiungere un 4 per cento di energia rinnovabile".
"Numeri che portano fuori strada", obietta il senatore Pd Francesco Ferrante. "Negli ultimi 20 anni più di 40 miliardi di euro sono stati drenati dalle bollette e consegnati ai petrolieri per favorire le cosiddette assimilabili, una categoria di false rinnovabili fatte con gli scarti di raffinazione del petrolio. Mentre si vuole chiudere l'industria del sole e del vento - mandando a casa un numero di lavoratori più di 20 volte superiore ai dipendenti Fiat di Mirafiori - si versa un miliardo di euro per rifinanziare impianti già incentivati e oggetto di un semplice lifting funzionale".
Non è detto comunque che il testo non subisca qualche correttivo nelle prossime ore. In questa direzione vanno gli sforzi del ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo che sta mettendo il suo peso nel braccio di ferro che ha per posta il futuro delle rinnovabili. Il ragionamento che fanno al ministero di via Cristoforo Colombo è semplice. Il tetto degli 8 mila megawatt come limite degli incentivi per il fotovoltaico era stato fissato in un periodo in cui sembrava lontanissimo.
Ma il settore ha galoppato così veloce in tutto il mondo da aver bruciato le tappe. Restare bloccati fino al 2020 a quota 8 mila megawatt, la metà del fotovoltaico già installato in Germania, significherebbe rendere molto difficile, se non impossibile, il rispetto degli impegni assunti dal governo in sede comunitaria per arrivare al 17 per cento di energia rinnovabili al 2020.
La proposta che il ministero dell'Ambiente porterà al Consiglio dei ministri è: abbassare gli incentivi con gradualità (anche perché i costi di produzione diminuiscono per l'aumento di efficienza e dei volumi di produzione) e alzare il tetto di impianti incentivabili per dare spazio di crescita alle rinnovabili.
Fonte: La Repubblica Ambiente
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