A Genova la prima centrale galleggiante brucerà noccioline delle Barbados
La "fabbrica" di elettricità nascerà sul mare e farà parte di un progetto ambientale per rendere verde il porto. Tra pale eoliche disegnate da Renzo Piano, pannelli solari su tutti i magazzini e navi alimentate con "la spina". Con l'università si sta mettendo a punto un piano per sfruttare anche il moto ondoso
Una centrale elettrica "verde" e galleggiante, ancorata davanti al porto di Genova, che produce energia e recupera calore, bruciando semi di una pianta non commestibile, la Jatropha, coltivata proprio allo scopo di dare lavoro a chi più ne ha bisogno. Niente di simile, fino a oggi, era stato nemmeno immaginato in questo mix di industria, ambiente e solidarietà.
Ma il progetto che sta per decollare, e che rimanda niente meno che a Tritone, il figlio del dio del mare Poseidone, è tale da cambiare lo scenario energetico dei porti e delle città che vi si specchiano dentro. L'esperimento-pilota del "progetto Tritone", lanciato dal gruppo Europam, verrà realizzato a Genova, il principale porto italiano e il primo a dotarsi di un piano energetico che prevede il progressivo incremento delle fonti rinnovabili per muovere il lavoro di decine di migliaia di persone, in banchina e a terra.
Sulla diga foranea, ad esempio, verranno montate pale eoliche di nuova concezione, affidate alla matita dell'architetto Renzo Piano. Sui tetti di tutti i magazzini ci saranno pannelli solari. Le navi ferme in banchina potranno evitare di tenere i motori accesi e si alimenteranno con "la spina" dell'elettricità. E insieme all'università si sta mettendo a punto un progetto per recuperare energia anche dal moto ondoso.
Al centro del porto vecchio, però, ci sarà lui, Tritone, una centrale elettrica di nuova generazione, ancorata al fondo da solide cime di ferro e alimentata per produrre energia da un bio-combustile, il seme della Jatropha, conosciuta anche come la nocciolina delle Barbados, pianta velenosissima per l'uomo, ma molto resistente ai terreni aridi. Proprio la spremitura di questo seme si trasformerà in un olio combustile che diventerà il carburante per far lavorare Tritone.
L'impianto genovese si presenta come una sorta di "modulo" che potrà essere esportato in tutti gli altri scali italiani ed esteri, visto che occupa circa 3mila metri quadri di specchio acqueo contro i 50mila di un impianto terrestre convenzionale. Il lancio imminente del progetto svelerà anche la rete di relazioni industriali e commerciali collegate alla centrale elettrica. Se infatti per la costruzione di quella che è a tutti gli effetti una nave si dovrebbe puntare sul gruppo Gin, che unisce i cantieri genovesi Mariotti e San Giorgio, per il "carburante" si è già individuato il terminal portuale Saar, leader nel Mediterraneo per la commercializzazione di oli vegetali e grassi animali.
Tritone, infatti, dovrebbe ancorarsi di fronte alla Saar, così da essere approvvigionato con rapidità e costanza dell'olio prodotto dal seme della Jatropha. E proprio per disporre di quantità di "carburante" sufficiente, in una provincia del Brasile è stato messo a punto un progetto, a cui guarda con favore la fondazione Kepha, per garantire lavoro alla popolazione rurale minacciata dalla desertificazione del terreno attraverso una serie di moduli, ognuno di 25mila ettari e in grado di produrre 50mila tonnellate di semi l'anno.
La "fabbrica" di elettricità nascerà sul mare e farà parte di un progetto ambientale per rendere verde il porto. Tra pale eoliche disegnate da Renzo Piano, pannelli solari su tutti i magazzini e navi alimentate con "la spina". Con l'università si sta mettendo a punto un piano per sfruttare anche il moto ondoso
Una centrale elettrica "verde" e galleggiante, ancorata davanti al porto di Genova, che produce energia e recupera calore, bruciando semi di una pianta non commestibile, la Jatropha, coltivata proprio allo scopo di dare lavoro a chi più ne ha bisogno. Niente di simile, fino a oggi, era stato nemmeno immaginato in questo mix di industria, ambiente e solidarietà.
Ma il progetto che sta per decollare, e che rimanda niente meno che a Tritone, il figlio del dio del mare Poseidone, è tale da cambiare lo scenario energetico dei porti e delle città che vi si specchiano dentro. L'esperimento-pilota del "progetto Tritone", lanciato dal gruppo Europam, verrà realizzato a Genova, il principale porto italiano e il primo a dotarsi di un piano energetico che prevede il progressivo incremento delle fonti rinnovabili per muovere il lavoro di decine di migliaia di persone, in banchina e a terra.
Sulla diga foranea, ad esempio, verranno montate pale eoliche di nuova concezione, affidate alla matita dell'architetto Renzo Piano. Sui tetti di tutti i magazzini ci saranno pannelli solari. Le navi ferme in banchina potranno evitare di tenere i motori accesi e si alimenteranno con "la spina" dell'elettricità. E insieme all'università si sta mettendo a punto un progetto per recuperare energia anche dal moto ondoso.
Al centro del porto vecchio, però, ci sarà lui, Tritone, una centrale elettrica di nuova generazione, ancorata al fondo da solide cime di ferro e alimentata per produrre energia da un bio-combustile, il seme della Jatropha, conosciuta anche come la nocciolina delle Barbados, pianta velenosissima per l'uomo, ma molto resistente ai terreni aridi. Proprio la spremitura di questo seme si trasformerà in un olio combustile che diventerà il carburante per far lavorare Tritone.
L'impianto genovese si presenta come una sorta di "modulo" che potrà essere esportato in tutti gli altri scali italiani ed esteri, visto che occupa circa 3mila metri quadri di specchio acqueo contro i 50mila di un impianto terrestre convenzionale. Il lancio imminente del progetto svelerà anche la rete di relazioni industriali e commerciali collegate alla centrale elettrica. Se infatti per la costruzione di quella che è a tutti gli effetti una nave si dovrebbe puntare sul gruppo Gin, che unisce i cantieri genovesi Mariotti e San Giorgio, per il "carburante" si è già individuato il terminal portuale Saar, leader nel Mediterraneo per la commercializzazione di oli vegetali e grassi animali.
Tritone, infatti, dovrebbe ancorarsi di fronte alla Saar, così da essere approvvigionato con rapidità e costanza dell'olio prodotto dal seme della Jatropha. E proprio per disporre di quantità di "carburante" sufficiente, in una provincia del Brasile è stato messo a punto un progetto, a cui guarda con favore la fondazione Kepha, per garantire lavoro alla popolazione rurale minacciata dalla desertificazione del terreno attraverso una serie di moduli, ognuno di 25mila ettari e in grado di produrre 50mila tonnellate di semi l'anno.
Fonte: Repubblica Genova
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